Apparecchi acustici retroauricolari per tornare a sentire bene

In Italia ci sono circa sette milioni di persone con problemi di udito. Si tratta di circa il 12 per cento della popolazione e per i due terzi sono persone che hanno più di 65 anni.

Il dato allarmante è che soltanto il 31 per cento della popolazione ha eseguito una visita di controllo, mentre il 54 per cento quindi più della metà non vi si è mai sottoposta. 

In molti casi la sordità o ipoacusia si determina come condizione progressiva all’aumentare con l’età, soprattutto per via dell’esposizione a fonti di rumore.

Talvolta però la sordità può essere anche congenita. I casi però per fortuna sono ristretti in un range che va da uno a tre bambini su mille, con fattori di rischio la nascita prematura e familiarità. La componente genetica infatti è molto forte per la sordità congenita: ammonta al 50 – 60 per cento dei casi. Anche le infezioni in gravidanza sono fattori di rischio di sordità congenita per il nascituro e ne sono responsabili patogeni come toxoplasma, citomegalovirus e rosolia congenita.

Per tenere a bada la sordità ci sono ormai diversi generi di apparecchi. Oggi vedremo gli apparecchi acustici retroauricolari, che possono essere di tipo BTE (Behind the ear) o di tipo RIC (Receiver in canal). Sono simili per forma ma molto diversi come funzionamento: i primi sono indicati nei problemi uditivi profondi, le componenti acustiche sono tutte contenute in un guscio e molto adattabili; nei modelli Ric le dimensioni sono più ridotte e il ricevitore è posizionato direttamente nel condotto uditivo, non più incorporato dunque nel guscio.

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